Le storie di AILIP

Le nostre storie

La vita oltre una Lipodistrofia esiste.

I primi sintomi, la scoperta della patologia, l’accettazione e la ricerca di una cura fanno parte del percorso per ritornare a vivere sereni.

Ognuno ha la sua storia: ognuna differente e complicata, ma ogni racconto è in grado di aiutare il malato inconsapevole a “scoprire” la propria patologia. Per questo abbiamo creato una sezione dove 3 persone affette da Lipodistrofia si raccontano, si mettono a nudo.

Capire i sintomi della Lipodistrofia è importante per potersi curare. 

La Storia di Anna

La storia di Anna

(40 anni)

I primi segni della mia malattia si sono manifestati da piccola, con un lento dimagrimento degli arti. Fortunatamente, non avevo nessun altro sintomo, per cui nella famiglia non abbiamo dato troppo peso alla cosa.
Da adulta sono iniziati i problemi, con forti dolori (soprattutto alle gambe) e il fegato molto ingrossato. Gambe e braccia sempre più magre, nonostante stessi sempre a mangiare data la mia fame da lupi! Il grasso corporeo stava pian piano sparendo, tanto da avere problemi a stare seduta. Ho dovuto mettere i plantari perché il piedi non poggiavano più correttamente a terra. Ero stanchissima e ogni giorno c’era qualcosa di nuovo, come quando le mie gambe si riempirono di macchie rosse. Ho iniziato a fare molte analisi e molti esami, ma nessuno dei medici a cui mi sono rivolta riusciva a capire da cosa dipendesse tutto ciò. Nessuno metteva in relazione la magrezza con la fame, il fegato ingrossato ed altri mille problemi che spuntavano fuori giorno dopo giorno. Questo, oltre a non giovare alla mia condizione fisica, peggiorava anche lo stato d’animo mio e dei miei cari. Si andava avanti per tentativi, ma non riuscivo a trovare un equilibrio. Un giorno mi sembrava di stare bene, quello dopo non mi muovevo dai dolori. Finalmente, dopo diversi anni, un medico mi parlò per la prima volta di lipodistrofia. Non identificò il tipo esatto dalla quale ero affetta, ma fu comunque un grande passo avanti e finalmente avevo un medico a cui potermi rivolgere.

All’epoca si sapeva ben poco della malattia, non c’era letteratura medica, nessun centro specializzato e pochi altri medici con cui confrontarsi e per questo c’erano molte difficoltà nel capire la terapia più giusta per me. Per esempio, non si parlava di dieta, cosa che invece è dimostrato essere fondamentale per la mia patologia. Negli anni la medicina e gli studi sono andati avanti: è nato il primo, e ad oggi unico, centro specialzzato per lipodistrofie in Italia, riusciamo ad avere diagnosi precise e in tempi più brevi rispetto al passato, è nata l’associazione AILIP. Insomma, sono stati fatti tantissimi passi avanti e spero vivamente che siano solo i primi, che arriveremo ad avere diagnosi più veloci, che anche i medici di base possano riconoscere
la malattia, che nascano altri centri in Italia.

Tutto sommato, oggi, riesco ad avere una vita abbastanza normale. Riconosco di aver avuto molte difficoltà e mi auguro che, in futuro, altre persone con la mia malattia non debbano affrontare lo stesso percorso lungo e tortuoso!

La Storia di Francy e di Vale

La Storia di Francy e di Vale

(54 e 43 anni)

In una calda e afosa giornata di mezza estate, ci trovammo a viaggiare su di un treno: direzione Pisa.

Io, seduta dal lato finestrino, come i grandi sognatori, un libro tra le mani e la musica in testa mia sorella Francesca, di fronte a me un giornale in mano e lo sguardo rivolto chissà dove… Inizia così il nostro viaggio della speranza verso uno dei centri di eccellenza per la cura della tiroide ma…nel 2013 il verdetto cambia notevolmente. Noi, sorelle ma non gemelle , benché ci separino ben 10 anni di differenza accomunate da un medesimo destino, uno scherzo del nostro DNA affette da malattia rara, quel viso scarno e l’eccessiva magrezza hanno un nome purtroppo: Lipodistrofia Parziale congenita. Con gli occhi velati dal pianto, incredule ma, fiduciose affrontiamo una nuova sfida, un nuovo percorso di vita fatto da una dieta equilibrata che non faccia accumulare grasso in eccesso, che a volte potrebbe essere letale in alcuni soggetti, attività fisica costante che ci permetta di tenere in movimento i nostri muscoli che…quando si infiammano sembrano sgretolarsi come sabbia tra le dita… dolori fortissimi, lancinanti che rappresentano ostacoli e limiti per affrontare come vorremmo la quotidianità. Nonostante la malattia si faccia spazio in modo dirompente non ferma la nostra voglia di vivere. Io, amante del ballo continuo con assiduità ed energia il corso di zumba , attorniata da tante persone che mi vogliono bene e mi apprezzano per quello che sono e che riesco a trasmettere Francesca, si dedica alle faccende di vita quotidiana confrontandosi ogni giorno con il resto della collettività.

Ogni mattina, ci svegliamo desiderose di svolgere i nostri rispettivi lavori con dedizione e volontà che ci contraddistingue, cercando di condurre una vita QUASI normale volgendo lo sguardo al futuro mai rimpiangendo il passato. Il nostro messaggio vuole essere un monito di speranza e di coraggio per tutte le persone affette ahimè da questa malattia a volte silenziosa ma abbastanza insidiosa che purtroppo non fa distinzione né di sesso, né di età… Affrontiamo la vita con grande spirito di iniziativa non dimenticando mai che: Niente di ciò che indossi è più importante del tuo stesso sorriso.

La Storia di C.

La storia di C.

(44 anni)

Ho 44 anni e soffro di una forma atipica di progeria, cioè di invecchiamento accelerato causato da una mutazione del gene LMNA (quindi una laminopatia) che prevede, tra le varie manifestazioni cliniche, anche una forma di lipodistrofia generalizzata. Fino all’età dello sviluppo ho avuto una crescita considerata regolare nonostante la bassa statura e l’ipoplasia mammaria che non sono state riconosciute clinicamente come fenomeni patologici. Avendo praticato diversi sport sono riuscita a strutturarmi in modo abbastanza solido a livello muscolare e posturale. Cosa che mi è stata utile negli anni a venire, quando ho iniziato a perdere progressivamente peso. I primi segnali di dimagrimento sono sorti intorno ai 15 anni, nonostante mangiassi regolarmente di tutto. Per lungo tempo ho imputato questo problema allo stress. Spesso dopo un pasto mi sentivo appesantita, congestionata, disidratata. E poi subentravano dolori addominali e dissenteria. Da qui una serie di altri malesseri come un’anomala difficoltà di concentrazione e un indolenzimento di mani e piedi in condizioni di bassa temperatura. Ho cercato di svolgere una vita normale imparando a convivere con questi sintomi. L’aspetto cambiava, il corpo cambiava. Ma cambia per tutti, mi dicevo. Anche se nel mio caso si stava guastando. La perdita di tessuto adiposo e di elasticità dei tessuti, soprattutto in viso, nel bacino e negli arti superiori, mi ha provocato un senso di disagio e inadeguatezza che si è andato a sommare all’effettivo impedimento fisico. La pelle ha iniziato a indurirsi pur diventando sempre più sottile, capelli e denti sempre più fragili. In base ai risultati degli esami clinici (ad esempio il cortisolo alto) si è pensato a un problema reumatologico o a malattie infiammatorie autoimmuni. Ma l’indagine in quel senso ha portato soltanto alla Sindrome di Raynaud. Il sospetto di tutti ha perciò continuato a ruotare attorno a un possibile disturbo alimentare. Che sapevo di non avere ma la mia voce restava inascoltata. Così nel 2010, in seguito a un episodio di svenimento, essendo sottopeso e con altri valori del sangue alterati (come i trigliceridi e il colesterolo), sono stata ricoverata per sottopormi a un’alimentazione parenterale. Dopo settimane nessun progresso e nessun aumento di peso. In compenso era spuntata un’iperglicemia che ha portato alla diagnosi di diabete mellito di tipo II. La terapia insulinica non dava alcun beneficio, trattandosi di una forma di diabete insulinoresistente. E quindi l’attenzione si è spostata su un’ipotesi di malassorbimento gastrointestinale. Tuttavia né la gastroscopia né la colonscopia con biopsia hanno rilevato criticità mentre la TAC ha mostrato l’anomalia di un fegato altamente steatosico. Ecco perché il cerchio si è stretto attorno all’ipotesi di una forma atipica di sindrome metabolica, magari di origine genetica, arrivando all’individuazione della patologia progeroide da cui sono affetta grazie all’intuizione di una giovane dottoressa e all’intervento competente di un medico che già conosceva le sindromi lipodistrofiche.  Consapevole che non esiste, ad oggi, una vera e propria cura ma solo terapie di contenimento e che una condotta adeguata può aiutare moltissimo la qualità della vita, ho iniziato ad adottare un regime alimentare ferreo con riduzione drastica di carboidrati e zuccheri, prediligendo alimenti a base di carne, pesce, legumi, verdura e frutta poco zuccherina. Il risultato è stato positivo, il mio
quadro clinico è assai migliorato e stabilizzato. Purtroppo il percorso diagnostico che ho dovuto affrontare è stato lungo e articolato, come
sempre accade per malattie rare o rarissime tipo la mia. Fortunatamente per quanto riguarda la lipodistrofia oggi sono stati fatti importanti progressi: maggiore letteratura medica specifica, individuazione più rapida della patologia, nascita di un centro accreditato di riferimento e dell’associazione AILIP. Molto però resta ancora da fare e mi auguro verrà fatto per consentire ovunque diagnosi e assistenza più veloci e mirate.